L’altro giorno un ragazzo mi ha scritto:
“Ho 2 anni di esperienza come developer, ma mi hanno offerto un ruolo da tech lead. Dovrei accettare?”.
Mi sono fermato a riflettere prima di rispondere.
Non volevo essere quello che dice “rallenta”, quando tutto il mondo là fuori urla “corri”.
Ma poi ho ripensato al mio percorso, e a tutte le volte che ho corso troppo.
Quando correvo come un treno (deragliando spesso)
All’inizio della mia carriera avevo una fretta incredibile.
Inizialmente volevo diventare lead, poi CTO, poi chissà cosa (magari Papa).
Non è che volessi saltare i passaggi, semplicemente li volevo bruciare in tempi record per sentirmi migliore degli altri (eh si… Triste leggerlo).
E in parte mi sono sentito (quasi) realizzato.
A 28 anni ero già tech lead in un venture builder in crescita e a 30 responsabile tecnologico di un’intera business unit.
Sulla carta, stavo spaccando di brutto.
Ma la realtà era un’altra storia.
Mi ritrovavo spesso davanti a situazioni per cui non ero preparato. Dovevo gestire conflitti nel team senza aver mai imparato come farlo. Prendevo decisioni architetturali importanti basandomi più sull’istinto che sull’esperienza.
Stavo imparando, certo. Ma a che prezzo?
Correre ha un costo
Il momento della verità poi è arrivato.
Sono stato messo a guidare un progetto tosto, e sono crollato assieme al mio team per via della pressione.
C’era tensione, burnout, complessità, fretta, c’era praticamente tutto.
E io non avevo gli strumenti per gestire la situazione.
Un mio amico (nonché il mio mentore) più esperto mi disse una cosa che ricordo ancora oggi:
“Hai corso così tanto che non hai avuto il tempo di vivere queste esperienze in un ambiente più protetto”.
Fa male ammetterlo, ma aveva ragione.
Andare di fretta è diverso dall’andare veloce
C’è una sottile, ma cruciale, differenza tra le due cose:
Correre veloce significa acquisire competenze rapidamente, diventare efficienti e assorbire conoscenze come se si fosse una spugna.
Correre in fretta significa saltare passaggi fondamentali, non far fermentare le lezioni e avanzare di ruolo senza aver consolidato la propria posizione precedente.
Io correvo di fretta, non veloce.
Ogni ruolo ti insegna qualcosa
Riflettendoci ora, ogni fase della mia carriera mi ha dato lezioni che non avrei potuto imparare altrove:
- Come individual contributor ho imparato a creare con qualità, a pensare in modo strutturato, a capire cosa significa veramente consegnare valore concreto attraverso il mio lavoro.
- Come team leader ho scoperto come collaborare efficacemente, come motivare le persone, come tradurre requisiti confusi in direzioni chiare, e come bilanciare le esigenze del team con quelle dell’azienda.
- Come chief sto imparando la parte strategica, l’allineamento con il business, la visione di lungo termine e come prendere decisioni che influenzano l’intera organizzazione.
Non esiste un "momento giusto", ma esistono i momenti sbagliati
Molti mi chiedono come capire quando è il momento di fare il salto.
La verità? Non c’è una risposta univoca.
Esistono però dei momenti sbagliati:
- Quando la motivazione principale è lo status o i soldi
- Quando non hai ancora padroneggiato il tuo ruolo attuale
- Quando non hai ancora imparato le lezioni fondamentali che quel ruolo doveva insegnarti
Il salto giusto arriva quando c’è un mix di preparazione interna e opportunità esterna.
Prima di accettare un nuovo ruolo, chiediti:
“Sono pronto per le sfide che questo comporta? Mi sento arrivato nella mia posizione attuale o sto ancora imparando cose?"
Il paradosso delle startup
Le startup sono un contesto dove si cresce velocemente, quasi per definizione.
Con poche persone e tanti problemi da risolvere, è facile trovarsi a fare il lavoro di tre persone e avanzare rapidamente.
Ma questo è un’arma a doppio taglio.
Ho visto troppi junior developer diventare CTO in due anni solo perché erano nel posto giusto al momento giusto.
Poi, quando la startup cresceva e i problemi diventavano più complessi, si ritrovavano a dover essere sostituiti o a dover fare un enorme catch-up.
A volte, riconoscere questo momento permette sia a te che alla startup di crescere in maniera sana.
Se potessi parlare con il mio io più giovane
Gli direi: “Nessuno ti sta cronometrando. Stai sereno. A nessuno importa la tua carriera se non a te stesso”.
Gli direi anche che la carriera è una maratona, non uno sprint.
E che se corri troppo all’inizio, rischi di non avere energie per i momenti cruciali che verranno dopo.
La tua carriera appartiene solo a te.
Non al mercato, non ai recruiter su LinkedIn, non ai tuoi colleghi che postano annunci di promozione.
Nessuno guarderà mai quanto velocemente sei arrivato a un certo livello.
Guarderanno quanto forte sei una volta arrivato lì.
E la solidità richiede tempo.
Richiede pazienza.
Richiede di assorbire lezioni, fare errori, imparare, consolidare, e solo poi, avanzare.
La domanda non è “quanto in fretta posso diventare CTO?”, ma “che tipo di professionista voglio essere quando arriverò a quel punto?”
Siamo arrivati alla fine, spero che la mia storia possa esserti stata utile.
Alla prossima.
Senza filtri,
Chri
P.S. Come sempre, se vuoi rispondere a questa mail condividendo la tua esperienza, sappi che leggo tutto e rispondo (quasi) sempre.